
Oggi 22 aprile è la Giornata Mondiale della Terra.
Perché si festeggia? E’ nata nel 1970 per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale sulla conservazione delle risorse naturali. Ogni cittadino del mondo dovrebbe prendere coscienza che abbiamo solo questo pianeta e se lo distruggiamo, manchiamo di rispetto a coloro che verranno dopo di noi e soprattutto sputiamo nel piatto dove mangiamo.
Un detto aborigeno dice pressappoco così: L’uomo viene sulla Terra per ammirare, osservare, scoprire e godere delle bellezze e dei frutti del creato. Poi, deve lasciare tutto ciò che ha trovato a quelli che verranno dopo di lui almeno nelle stesse condizioni – se non migliorarle – affinché i posteri trovino almeno le stesse cose come le ha trovate lui.
Costa fatica fare ciò? Io non direi. Se ognuno di noi tenesse pulito l’ambiente esterno come tiene pulita casa sua, il gioco sarebbe fatto. Non conosco nessuno che butta le cicche delle sigarette sul pavimento di casa sua o che imbratti i suoi muri o che non si prenda cura delle sue piante e dei suoi animali domestici.
C’è la raccolta differenziata da tanti anni, ma ancora ci sono tanti pigri che non la fanno correttamente: pensano che non sono loro i salvatori del pianeta. Se riflettessero un attimo, capirebbero che se anche gli altri, tutti insieme, la pensassero come loro la sporcizia aumenterebbe a dismisura.
E’ uno spettacolo orrendo vedere sacchetti di plastica pieni di spazzatura lungo le strade urbane ed extraurbane; almeno li mettessero in un luogo unico, così chi dovrebbe provvedere farebbe meno fatica a raccoglierli!
Il rispetto della Cosa Pubblica non viene tenuto in considerazione: si pensa che dovrebbe provvedere lo Stato. Ma lo Stato siamo noi e questo concetto viene travisato. Un giorno vidi un signore che buttava volantini, recuperati dai parabrezza delle auto, per terra in un parcheggio. Gli dissi: ma ti rendi conto di quello che stai facendo? Egli mi rispose che stava procurando il lavoro ai netturbini. Ho pensato la stessa cosa che penserete voi a leggere la mia lettera.
Quanto cibo buttiamo nella pattumiera e quante persone non hanno accesso al cibo come noi? E’ giusto parlare anche dello spreco dell’acqua: l’abbiamo a portata di mano e non pensiamo che quella potabile è destinata a essere razionata a causa dell’inquinamento delle falde acquifere, dei fiumi e dei laghi. Quanti assetati direbbero: il mio regno per un bicchiere di acqua! Le cose si apprezzano di più quando vengono a mancare.
Io personalmente ricordo che quando l’acquedotto pubblico non era ancora arrivato in paese, si andava alle sorgenti – distanti chilometri dalle case – a prelevarla con i barili caricati sugli asini o portati a spalla. Quell’acqua veniva centellinata e guai a sprecarla: nella stessa bacinella si lavavano più persone e quella sporca serviva per lavare per terra o annaffiare le piante. Non parlo di altri usi tipo bagni, docce e bucato. Chi ha vissuto quella situazione ha il massimo rispetto dell’acqua: si fa la barba chiudendo il rubinetto e si lava i denti con l’acqua contenuta in un bicchiere per non sprecare quella corrente.
Non voglio fare il moralista; dico solo che se ognuno si sentisse cittadino corretto del pianeta, saprebbe come comportarsi solamente ubbidendo alla sua coscienza che gli direbbe cosa è giusto fare e cosa è sbagliato. Inquinare il pianeta io lo considero un peccato contro l’umanità. Sulle rive del naviglio Martesana a Cernusco Sul Naviglio, ho letto questo cartello: non inquinare quest’acqua, la berranno anche i tuoi nipoti.
Il mare è diventato la pattumiera del pianeta: tutto ciò che i fiumi gli trasportano l’inquinano e lo mangiano i pesci. Noi, poi, mangiamo quel pesce così il male fatto ci ritorna indietro. Chi ha visto le isole di plastica galleggianti nell’oceano, faccia mea culpa e non scagli la prima pietra per professare la propria innocenza. Siamo tutti – chi poco o chi tanto – responsabili direttamente e indirettamente dello scempio al pianeta anche attraverso i nostri acquisti.
Buona vita ai lettori e lunga al pianeta Terra.